Stupefacente banalità

Stupefacente banalità di Pitti Duchamp

Stupefacente banalitàTitolo: Stupefacente banalità
Serie: Stand Alone
Autore: Pitti Duchamp
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Terza persona
Data di pubblicazione: 26 agosto 2019
Editore: DRI Editore

Trama:
«Vuole essere trattata come una donna o come un cliente?»
«Come cliente, ci mancherebbe!» rispose Mimì senza guardarlo negli occhi.
«Peccato, mi sarebbe piaciuto di più che avesse scelto la prima opzione.»

Lui è il manager di punta di un’azienda produttrice di macchinari agricoli, malato di lavoro. Lei una ex modella con figlio problematico a carico, che tenta di riciclarsi nel mondo dell’agricoltura senza la minima preparazione. Lui fa della calma e del sangue freddo le sue migliori virtù, lei dell’ansia il suo peggior difetto. Tra ricordi dolorosi che affiorano inesorabili dal passato, crisi post adolescenziali di un figlio cresciuto senza padre e problemi economici di ogni sorta, una storia solo apparentemente banale si fa strada tra le piante di ulivo della nostra splendida toscana, diventando piano piano … stupefacente!

La nostra brava Pitti, dopo l’incredibile successo del suo regency Frittelle al Miele e altre dolcezze, accetta la sfida che le abbiamo proposto e ci regala questo magnifico romance contemporaneo, che siamo sicuri vi rapirà fin dalle prime battute. Grazie!

Dove tutto finisce

Tra il Lazio e la Toscana si evolve la storia dei protagonisti, Raimondo Granieri e Artemisia De Santiis.
Già, dalla particolarità dei nomi, s’intuisce che ci troviamo tra le mani un contemporary romance  fuori dalla righe.
La ricercata penna di Pitti Duchamp  ci stupisce con l’uomo “normale”.

Raimondo Granieri, un uomo “maturo” con «….insistenti spruzzate di bianco tra i capelli e la barba neri » che «….spiccava per l’abbinamento insolito tra la stazza di un mezzo gigante e il portamento elegante di un lord inglese.»

Per lui il lavoro è tutto. Viene chiamato « …il lord della Macromacchine» ; l’azienda, produttrice di macchine agricole di prestigio, per cui lavora, proponendo l’acquisto dei loro articoli alle varie concessionarie dislocate in tutta Italia.
Riuscire portare a termine una vendita, per lui, è l’unica fonte di emozione ed il tramite per realizzare i propri obiettivi.

Il primo obiettivo raggiunto è stato acquistare «… il borghesissimo attico in centro a Firenze…» dal grande valore economico e fonte di forte orgoglio, che rappresenta «…il rifugio dalla sua vita da vagabondo». Una casa “museo”, quasi mai vissuta, dal momento che lui è per lo più in giro per l’Italia.
Originario di Vinci, il paese toscano di Leonardo, ha lasciato il padre e l’attività agricola di famiglia, fuggendo dagli affetti e da ogni tipo di legame, per rifugiarsi nel  lavoro.

La sua infanzia era stata felice tra gli uliveti e gli animali, fino a quando la madre, troppo insoddisfatta di quella vita semplice e faticosa, se n’era andata via in cerca di maggiore agiatezza. Da quel momento in poi, lui ed il padre si ritrovarono da soli e Raimondo non fu più sereno.
In quegli anni, aveva rischiato di perdersi, ma grazie al padre, ed al duro lavoro, era riuscito a diventare l’uomo che era.

Certo anche adesso, a trentasette anni, non si ama troppo. Le sue insicurezze stazionano nella dipendenza dal buon cibo. Nei momenti di stress e nervosismo si lascia calmare dalle pietanze più appetitose e se proprio non può disporne si accontenta di immaginarle.

«…Gli serviva un panino al salame o anche al prosciutto. Il top sarebbe comunque stata la porchetta, ma anche il capocollo poteva funzionare da efficace antistress».

Tanto poi smaltisce tutto in palestra!

In continua lotta con la sua stazza imponente e le maniglie dell’amore è pienamente consapevole dei propri limiti estetici.
Che può farci se, inforcando i suoi Ray-Ban, appare come un intellettuale sfigato, mentre tutti gli altri assumono un’aria da figo aggressivo e affascinante?

Alla morte del padre la proprietà terriera e l’attività agricola in stato d’abbandono gli vengono lasciate in eredità e, proprio quando Raimondo si trova a dover prendere delle decisioni importanti in merito, il destino farà entrare nella sua scandita quotidianità delle persone che renderanno meno solida la sua corazza.
Artemisia De Santiis, detta Mimì e suo figlio, Niccolò.

Lei è una bellissima donna (con qualche ritocchino chirurgico), ex modella e madre single. Vive a Frascati ed ha da poco ereditato la storica concessionaria di macchine agricole dal padre. L’attività è in stallo, ed avrebbe bisogno di qualche escamotage innovativa; il padre, però, gli ha sempre detto di non fidarsi dei venditori e lei è determinata a seguire i suoi consigli. Del resto, aver cresciuto un figlio da sola, le ha fatto credere di essere capace di riuscire a trovare, unicamente con le proprie forze,  una soluzione per tutti i problemi.

Tutto questo fino a quando il “re dei venditori” non si presenta nella sua proprietà e, per pura coincidenza, salva dal coma etilico suo figlio adolescente. Quest’ultimo, infatti, sta affrontando un periodo difficile, di ribellione e di fragilità emotiva che gli fanno rischiare continuamente di finire nei guai.

Rinunciare alle proprie convenzioni e arrendersi alle proprie debolezze, per Mimì  non sarà subito facile:

«Sarebbe stato bello fidarsi di lui, soprattutto affidarsi a lui, lasciare che risolvesse tutto. Ma era una donna adulta indipendente e forte, e aveva sulle spalle la responsabilità dell’attività che era stata di suo padre per cinquant’anni. E i problemi se li doveva risolvere senza contare su nessuno».

Ma, inevitabilmente, le storie di Raimondo, Artemisia e Niccolò sono destinate ad intrecciarsi. E così, dall’incontro di vite “banali”, si creeranno emozioni “stupefacenti”.
Il “banale” Raimondo, per Artemisia, diventerà pian piano un uomo “stupefacente”.

«….Nulla, lui non capiva, d’altra parte aveva quella cosa degli ormoni maschili che gli occludevano l’intelligenza…»

«…Era così banale, lui. Come tutti gli uomini: basico!…… Ma normalmente figo. Così banalmente straordinario.»

«…Una felpa spessa e vecchia gli dava un aspetto selvaggio da borgataro zozzo. Triviale e sexy. Stupefacente.»

«….Gesti normali, movimenti consueti e ordinari, banali. Fatti da lui erano straordinari e sensuali. Sensuali da morire. Stupefacenti.»

A tal punto che Artemisia lo vedrà con gli occhi dell’amore:

«….Era tutto muscoloso in realtà, schiena, gambe, un ammasso di fisicità piena e massiccia anche se persistevano sul suo corpo i segni di un’adolescenza e una giovinezza all’insegna del buon cibo. Nascosti sotto lo strato di panini alla porchetta c’erano addominali allenati e forti, sotto le maniglie dell’amore composte da svariate tipologie di tortelli e ravioli si celavano i dorsali che avevano sollevato quel bietolone di suo figlio. Si trovò a ragionare però che il bello di Raimondo, la parte forte, quella solida e sexy era sotto, era dentro. E lei se ne era innamorata.»

Il “banale” lavoro dei campi, risulterà essere per tutti la più “stupefacente” opportunità per raggiungere la felicità.
E Raimondo? Riuscirà a lasciarsi andare ai sentimenti e ad un’attrazione inaspettata che va ben oltre il legame fisico?

Sarà in grado di apprezzarsi e rendersi conto che la sua capacità d’amare è abbastanza forte da farsi carico delle responsabilità nei confronti delle persone che lo circondano? Metterà davvero da parte il suo amato e rassicurante lavoro?

Le risposte le troverete tra le pagine di questo libro che mi ha conquistata pagina dopo pagina.

Cominciando a leggere i primi capitolo, sono rimasta spiazzata da uno stile narrativo molto elaborato e da termini troppo ricercati. Ma poi ho capito che tutto era voluto. L’autrice, ha integrato perfettamente l’ironia tipica del genere regency alla struttura di un romance contemporaneo. I dialoghi sono divertenti e frizzanti e resi più contestualizzati dall’utilizzo sporadico del dialetto romano.

Pitti Duchamp, ancora una volta, mostra le sue eclettiche capacità, passando dalla  consolidata esperienza di scrittrice di romanzi storici, alla stesura di un Contemporary Romance, che mi ha piacevolmente sorpreso. Del resto, già nel 2018, si era inaspettatamente affacciata a questo genere, con “Sabbia Bianca”, entusiasmando i suoi lettori.

Il continuo richiamo alle parole del titolo (stupefacente e banalità), all’interno del romanzo, volutamente l’importanza della loro contrastante unione.
Mi scuserete se anch’io nel recensirlo non ho potuto evitare di ripeterle a mia volta e se le ribadisco, è semplicemente per dirvi che, di questo libro, ho amato la “banalità” della storia resa “stupefacente” dai personaggi e dal loro saper andare oltre.

Non leggetelo, se non vedete l’ora di imbattervi nell’ennesimo maschio Alfa, super palestrato, con la tartaruga aliena al posto della pancia.

Leggetelo assolutamente, invece, se volete soffermarvi a pensare a quanto possa diventare straordinaria la nostra normalissima vita e a quanto possano diventare affascinati i limiti e i difetti delle persone che ne fanno parte.

 

 

 

 

 

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